Pietro mi ammazzerà, ho paura: i messaggi di Roberta 4 giorni prima di essere uccisa dal fidanzato

2023-03-23 14:33:41 By : Ms. Sunny Chen

"È un bastardo, ho paura, non lo lascerò mai, mi ammazzerà". Scriveva così ad un amico Roberta Siragusa, la 17enne uccisa a Caccamo, in Sicilia, nella notte tra il 23 e il 24 gennaio 2021, dall'allora fidanzato Pietro Morreale.

I messaggi in questione risalgono a soli 4 giorni prima del delitto ed emergono nelle 138 pagine con cui la seconda sezione della Corte d'Assise, presieduta da Vincenzo Terranova motiva la condanna all'ergastolo proprio di Morreale, unico imputato per il delitto della giovane, colpita con un sasso e poi data alle fiamme.

Il 20 gennaio 2021 la vittima raccontava, dunque, ad un amico: "Voleva ammazzarmi, ha aperto il cofano e ha preso una corda e degli attrezzi e mi veniva contro, mi sento male…", facendo intendere, dunque, che già era stata vittima delle violenze del ragazzo, aggiungendo che "per farlo calmare gli ho dovuto dire che lo amo, che non lo lascerò mai, mi sono sentita morire".

La soluzione più semplice sarebbe stata quella di lasciare Morreale, ma per Roberta non sarebbe stata una via d'uscita da quel rapporto, anzi: "Se lo lascio non posso fare neanche più una passeggiata da sola, mi ammazzerà… Se devo lasciarlo devo farlo davanti ai miei, perché se lo faccio quando siamo soli mi ammazza davvero…". Ed è proprio quello che, secondo i giudici, Morreale avrebbe effettivamente fatto qualche giorno dopo.

Stando a quanto si legge nelle motivazioni della sentenza, Roberta fu colpita e tramortita prima di essere bruciata viva.  A riprendere la scena del delitto sono state le telecamere di un locale nei pressi del campo sportivo di Caccamo. Per i giudici ad accendere l'innesco è stato Morreale, che aveva con sé da qualche giorno in auto una bottiglia di benzina, ma non si vede il momento perché il giovane è nascosto da un muretto. Una ricostruzione che combacia con quella fatta dal comandante della sezione chimica esplosivi infiammabili del Ris.

A conferma che le violenze subite da Roberta andavano avanti da tempo, ci sono poi gli elementi emersi dall'analisi dei cellulari: "33 volte nell'arco di un anno vi sono messaggi – scrive la Corte d'Assise nelle motivazioni della sentenza – in cui Roberta racconta di violenze subite all'amico" e spesso avrebbe inviato anche delle fotografie per documentare le lesioni patite: "Il 5 agosto 2020 aveva mandato un occhio nero, il 27 settembre successivo faceva vedere segni sul corpo, il 3 ottobre raccontava di essere stata afferrata per il collo e picchiata e aveva mandato altre foto, l'11 ottobre altre foto con segni sul corpo".